Clavicembalo

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Clavicembalo

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Notizie storico artistiche

Firma
IO: BAPTA: IVSTVS LVCEN: FERRAR: MDCLXXIX
Misure
230 x 86,5 cm
Iscrizioni
Sulla leva del primo tasto (Sol0) scritta a penna: +/GBG/1679 e su quella dell’ultimo tasto (Do5), sempre a penna: 53/GBG/1679.
Sulla superficie inferiore del telaio del supporto è applicata un’etichetta con stemma (stambecco rampante), il nome MARCHIO LVDOVICVS DE BOLOGNINIS e il motto LEAVTE.
Notizie storico critiche
Lo strumento è stato costruito a Ferrara e va quasi certamente identificato con uno di quei due clavicembali che il nobile ferrarese Ippolito Bentivoglio aveva fatto costruire ad un “cimbalaro” proprio nel 1679. L’identificazione di tale cembalaro in Giovanni Battista Giusti è pienamente confermata grazie al ritrovamento e alla pubblicazione, da parte di Sergio Monaldini, di quattro lettere scritte da Lucca da Giacomo Lucchesini ad Ippolito Bentivoglio il 14 giugno, il 15 novembre 1679, il 24 luglio 1680 e in data non specificata, ma certo intermedia alla seconda e alla terza. Le lettere vertono su una spinetta a due registri (Principale e Ottavina) e due tastiere che “il Giusti cimbalaro” costruiva in quei mesi per il Bentivoglio, su modello offertogli dal proprio maestro Girolamo Zenti, e che fu spedita, via Bologna, la domenica 21 luglio 1680. Nella lettera del 25 novembre si dice esplicitamente che «venne il Giusti a Ferrara per lavorarli i due cimbali» e si informa che «nella spinetta è impiegato il cipresso di Candia che portò da Ferrara datoli dalla V. S. Ill.ma, dicendomi non haverne portato altro che questo, che serve per la medesima». Certo nella stessa Ferrara, nella prima metà del XVIII secolo, il coperchio è stato dotato della decorazione pittorica, attribuita a Giuseppe Zola, pittore bresciano che in tale città risiedeva. L’etichetta incollata sotto il supporto dello strumento testimonia che il cembalo fu poi in possesso del senatore bolognese marchese Lodovico Bolognini (1705-1767). Dal Bolognini è stato probabilmente fatto costruire il supporto stesso.
Ricerche d’archivio di Patrizio Barbieri hanno permesso d’accertare dati biografici sinora ignoti di Giovanni Battista Giusti. Figlio di Antonio, nacque a Lucca tra il 1624 e il 1635; recatosi a Roma, fu lavorante nella bottega
di Giuseppe Boni da Cortona dal 1648 al 1656, per passare poi con le stesse mansioni, dal 1657 al 1659, in quella di Girolamo Zenti. La sua attività quale cembalaro indipendente è documentata dal 1676 al 1693. L’insegnamento e l’esempio di Zenti gli furono preziosi e da essi, come s’è detto, nacque l’idea di realizzare a duetastiere la citata spinetta costruita nel 1679 per Ippolito Bentivoglio.
Il clavicembalo è stato acquistato a Ferrara, sul mercato antiquario, nel 1971.
Descrizione
Strumento principe della collezione Tagliavini, questo grande clavicembalo a tre registri (8’. 8’, 4’) è senza alcun dubbio uno dei due strumenti ordinati dal marchese ferrarese Ippolito Bentivoglio al “Giusti cimbalaro”, insigne artefice lucchese perfezionatosi nella bottega di Girolamo Zenti.
La cassa esterna è di abete, con fasce incollate "ad appoggio". La cassa poggia su un telaio, la cui sagoma corrisponde a quella del fondo e a cui sono fissate cinque gambe a doppia curca terminanti a forma di piede caprino (gambe e zoccoli sono dorati). Il supporto risale verosimilmente al XVIII secolo.
La tavola armonica è in cipresso; non vi è rosetta. I quattro ponticelli sono di noce. Le coperte dei tasti diatonici sono d'ebano, come i frontalini; quelle dei tasti cromatici sono in avorio su noce tinto di nero.
L’ambito dello strumento è di 53 tasti (Sol0-Do5 senza Sol#0).
Le decorazioni pittoriche all’interno del coperchio e della ribalta sono state attribuite, da Eugenio Riccomini, a Giuseppe Zola (1672-1743), bresciano attivo a Ferrara. Benché il ricco spessore cromatico si conservi soltanto a tratti, non sono perdute le qualità cromatiche e la felicità del clima che invita ad immergersi nella bellezza rasserenante della natura, con lo stesso piacere al quale avvia la musica, in quella rispondenza che gli stereotipi iconografi ci hanno fatto procedere di pari passo, a partire dal Rinascimento. Per i riflessi operanti della pittura veneziana pare confacente alla decorazione di questo cembalo una data già entrante nel Settecento; essa fu certo tenuta in gran conto dallo Zola, il quale, a detta di Cesare Cittadella (Catalogo istorico de’ Pittori e Scultori ferraresi, tomo III, Ferrara 1783, pp. 167-174), «per soddisfare alle parecchie incombenze che gli venivano addossate, non curò più tanta diligenza, e fatica, e sicuro nel tratto del suo pennello accelerò la maniera, usando nei suoi quadri
maggior vaghezza di tinte».
Bibliografia
Boalch (1974), p. 52.
van der Meer (1974, II), pp. 138 e 142.
Henkel (1979, I), p. 114.
Mischiati (1979, I), p. 181 e illustr. 251.
Tagliavini-van der Meer (1987), pp. 64-73, 204-205, 222-223.
Barbieri (1989), p. 161.
Morelli (1994), pp. 56, 68-70.
Boalch-Mould (1995), pp. 70-71, 328-331.
Wraight (1997), I, p. 140, II, pp. 172-173 (W148).
Monaldini (2000), pp. 393-394, 408-409, 434.
Tagliavini (2007).
Mostre
Esposizione fuori catalogo alla Mostra del Settecento a Ferrara (1971), a cura di Eugenio Riccomini.