Cartoccio per luminarie festose e politiche - Insegna della Repubblica Cisalpina

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Cartoccio per luminarie festose e politiche - Insegna della Repubblica Cisalpina

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Inventario
M12640
Autore
Categoria:

Notizie storico artistiche

Datazione
Tecnica e supporto
xilografia su carta filigranata
Misure foglio (in mm)
310x425
Notizie storico critiche
Lo stemma è quello di una insegna della Repubblica Cisalpina. Vi appaiono i simboli rivoluzionari che, per smarcarsi da quelli religiosi, sono di derivazione classica: il cappello frigio indossato dagli schiavi liberati della Roma antica sormonta il fascio littorio delle libertà romane mentre le corone di foglie rappresentano la forza e la concordia. Le lettere L. e E. sono le iniziali delle parole LIBERTA’ ed EGUAGLIANZA.
Prima dell’avvento dell’illuminazione elettrica le strade anche nelle città erano ovviamente molto buie. Le feste erano dunque l’occasione principale per accendere luci con gran profusione, tanto è vero che nei manifesti che ne annunciavano lo svolgimento era presente l’indicazione della presenza di luminarie e di “fuochi di gioja” (i moderni fuochi d’artificio). Da uno studio di Mirtide Gavelli, apprendiamo che le luminarie erano quasi sempre affidate alla creatività e alla disponibilità economica dei privati o delle istituzioni pubbliche ed erano realizzate con torce o (specialmente all’interno dei palazzi) con candelabri e ceri, che ne costituivano l’anima. L’esterno era invece formato dai cosiddetti “cartocci”, ovvero fogli di carta, come quello qui proposto, stampati con tecnica litografica o xilografica, generalmente dall’aspetto molto popolare, a disegni vari, in bianco e nero ma anche a colori e, in genere, ispirati all’evento da celebrare, conferendo alle facciate delle case o alle piazze una più rilevante aria di festa e di gioia.
Note
Sulla carpetta di conservazione di questa stampa era scritto: “Feste popolari. 3 incisioni”; all’interno un altro foglio riportava “Stemmi e imprese celebrative per feste popolari. N. 3 xilografie per ‘moccoletti’ da finestre”. La dott. Franca Varignana aveva annotato sull’inventario la provenienza dal fondo Ambrosini.