Clavicordo Anonimo XVI secolo
Clavicordo Anonimo XVI secolo
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Notizie storico artistiche
Datazione
Firma
-
Misure
109 x 43,5 x 16 cm
Notizie storico critiche
L'esemplare cinquecentesco di grande rarità; uno dei soli sette clavicordi ad "assetto italiano" oggi noti. La cassa esterna è probabilmente originale. Quattro fori suturati ai quattro angoli del fondo indicano che la cassa era originariamente provvista di gambe. Un'apertura sul fronte permette allo strumento contenuto di slittare in avanti, in modo che la tastiera sporga alla cassa e possa essere suonata. Il clavicordo è "legato" da Mib2 a gruppi di 2, 3 e 4 note.
Lo strumento presenta alcune spiccate analogie con il clavicordo di Domenico da Pesaro del 1543 (conservato a
Lipsia) e con quello cinque-seicentesco recante il nome apocrifo di Onesto Tosi (conservato a Boston):
- tavola armonica “ripiegata” in corrispondenza della catena, con parte destra degradante verso il somiere, posto
più in basso;
- stesso numero di coppie di corde (22), stessa disposizione delle leve dei tasti e stessa “legatura” delle note.
Quanto all’assicella smorzatrice, essa trova paralleli negli analoghi elementi riprodotti nell’Organographia di
Praetorius (tavola 15).
La cassa esterna presenta una certa analogia (a eccezione del sistema di “ribalta”) con quella di uno dei tre clavicordi cinquecenteschi conservati a Lipsia (nr. 2 del catalogo Henkel).
Quanto alle divergenze, mentre lo strumento di Domenico da Pesaro e quello di “misura italiana” raffigurato da
Praetorius sono a pianta esagonale, la sagoma del presente clavicordo è rettangolare, coincidente in tale caratteristica con il cosiddetto “Tosi”. Un’altra importante divergenza dal Domenico da Pesaro, dal “Tosi” e dai due altri clavicordi cinquecenteschi conservati a Lipisa è la mancanza d’una seconda tavola armonica sotto la tastiera. Per ciò che riguarda il numero dei ponticelli sulla tavola armonica, quello del presente strumento (4) diverge sia da quello del Domenico da Pesaro e del “Tosi” (3), sia da quello degli altri due clavicordi conservati a Lipsia (2 e 3, rispettivamente nei nr. 2 e 3 del catalogo Henkel), sia da quello dei clavicordi effi giati da Praetorius e da Mersenne (5). Il fatto che i ponticelli non siano incollati alla tavola armonica, ma semplicemente premuti su di essa dalle corde
doveva essere una caratteristica comune a tutti gli strumenti di questo tipo, anche se Henkel lo precisa solo per
i clavicordi nr. 2 e 3 del suo catalogo e non per lo strumento (n. 1) di Domenico da Pesaro.
Tra le singolarità del presente strumento va citata la mancanza d’un vero e proprio fondo sotto la tastiera, il che
potrebbe forse ricollegarsi alla prassi quattrocentesca dei tasti puramente sporgenti dal corpo dello strumento.
L’assenza di cornici attorno al bordo inferiore, salvo che per le fiancate della tastiera e, probabilmente, contro il
listello frontale sotto la tastiera non più conservato, fa pensare che lo strumento dovesse normalmente restare nella sua cassa esterna, semplicemente spostato in fuori verso il sonatore, sì da far sporgere la tastiera, quando esso veniva impiegato. Ma oltre all’evidente intenzione di risparmio nel non ornare una parte non visibile, può forse essere individuato anche in questo fatto un aggancio con la prassi quattrocentesca: il clavicordo effigiato nella tarsia dello “Studiolo” d’Urbino si presenta totalmente privo di cornici. Le caratteristiche qui esposte inducono a datare questo strumento intorno alla metà del XVI secolo, comunque non prima del quarto decennio, nel quale sembra – in base alle attuali conoscenze – che sia iniziata in Italia la pratica dell’aggiunta del “MiReUt” alle tastiere. Per la datazione va tenuto presente che il clavicordo rappresentato nell’Organographia di Praetorius, benché cinquecentesco e apparentemente analogo a quello di Domenico da Pesaro, rappresenta rispetto a quello, e rispetto al presente clavicordo, come pure rispetto al “Tosi”, uno stadio evolutivo ulteriore. Esso è anteriore al 1590 (dato che Praetorius scrive nel 1619 che esso è stato portato «voretlich dreyssig Jahren auß Italia in Meyssen»), ma ha già la caratteristica che «der ChorSäitten, so zum d und a gehöret, durch alle Octaven bloß, und nur mit einem einzigen Clave angerühret wird».
Lo strumento presenta alcune spiccate analogie con il clavicordo di Domenico da Pesaro del 1543 (conservato a
Lipsia) e con quello cinque-seicentesco recante il nome apocrifo di Onesto Tosi (conservato a Boston):
- tavola armonica “ripiegata” in corrispondenza della catena, con parte destra degradante verso il somiere, posto
più in basso;
- stesso numero di coppie di corde (22), stessa disposizione delle leve dei tasti e stessa “legatura” delle note.
Quanto all’assicella smorzatrice, essa trova paralleli negli analoghi elementi riprodotti nell’Organographia di
Praetorius (tavola 15).
La cassa esterna presenta una certa analogia (a eccezione del sistema di “ribalta”) con quella di uno dei tre clavicordi cinquecenteschi conservati a Lipsia (nr. 2 del catalogo Henkel).
Quanto alle divergenze, mentre lo strumento di Domenico da Pesaro e quello di “misura italiana” raffigurato da
Praetorius sono a pianta esagonale, la sagoma del presente clavicordo è rettangolare, coincidente in tale caratteristica con il cosiddetto “Tosi”. Un’altra importante divergenza dal Domenico da Pesaro, dal “Tosi” e dai due altri clavicordi cinquecenteschi conservati a Lipisa è la mancanza d’una seconda tavola armonica sotto la tastiera. Per ciò che riguarda il numero dei ponticelli sulla tavola armonica, quello del presente strumento (4) diverge sia da quello del Domenico da Pesaro e del “Tosi” (3), sia da quello degli altri due clavicordi conservati a Lipsia (2 e 3, rispettivamente nei nr. 2 e 3 del catalogo Henkel), sia da quello dei clavicordi effi giati da Praetorius e da Mersenne (5). Il fatto che i ponticelli non siano incollati alla tavola armonica, ma semplicemente premuti su di essa dalle corde
doveva essere una caratteristica comune a tutti gli strumenti di questo tipo, anche se Henkel lo precisa solo per
i clavicordi nr. 2 e 3 del suo catalogo e non per lo strumento (n. 1) di Domenico da Pesaro.
Tra le singolarità del presente strumento va citata la mancanza d’un vero e proprio fondo sotto la tastiera, il che
potrebbe forse ricollegarsi alla prassi quattrocentesca dei tasti puramente sporgenti dal corpo dello strumento.
L’assenza di cornici attorno al bordo inferiore, salvo che per le fiancate della tastiera e, probabilmente, contro il
listello frontale sotto la tastiera non più conservato, fa pensare che lo strumento dovesse normalmente restare nella sua cassa esterna, semplicemente spostato in fuori verso il sonatore, sì da far sporgere la tastiera, quando esso veniva impiegato. Ma oltre all’evidente intenzione di risparmio nel non ornare una parte non visibile, può forse essere individuato anche in questo fatto un aggancio con la prassi quattrocentesca: il clavicordo effigiato nella tarsia dello “Studiolo” d’Urbino si presenta totalmente privo di cornici. Le caratteristiche qui esposte inducono a datare questo strumento intorno alla metà del XVI secolo, comunque non prima del quarto decennio, nel quale sembra – in base alle attuali conoscenze – che sia iniziata in Italia la pratica dell’aggiunta del “MiReUt” alle tastiere. Per la datazione va tenuto presente che il clavicordo rappresentato nell’Organographia di Praetorius, benché cinquecentesco e apparentemente analogo a quello di Domenico da Pesaro, rappresenta rispetto a quello, e rispetto al presente clavicordo, come pure rispetto al “Tosi”, uno stadio evolutivo ulteriore. Esso è anteriore al 1590 (dato che Praetorius scrive nel 1619 che esso è stato portato «voretlich dreyssig Jahren auß Italia in Meyssen»), ma ha già la caratteristica che «der ChorSäitten, so zum d und a gehöret, durch alle Octaven bloß, und nur mit einem einzigen Clave angerühret wird».
Descrizione
Titolo: Clavicordo di Anonimo italiano (XVI secolo)
Numero di inventario: Collezione Tagliavini A1
Nome dell'oggetto (IT/ENG): Clavicordo / Clavichord
Classificazione: Clavicordi
Creatore: anonimo
Luogo di produzione: Italia
Data: XVI sec.
Dimensioni (L x W x H): 109 x 43,5 x 16 cm
Ambito: 45 tasti. Do1-Do5 con prima ottava corta
Autori:
Data di acquisizione: 1992
Restauri: laboratorio "Mastro del legno" di Arnaldo Boldrini e Renato Carnevali - strumento (1995)
Numero di inventario: Collezione Tagliavini A1
Nome dell'oggetto (IT/ENG): Clavicordo / Clavichord
Classificazione: Clavicordi
Creatore: anonimo
Luogo di produzione: Italia
Data: XVI sec.
Dimensioni (L x W x H): 109 x 43,5 x 16 cm
Ambito: 45 tasti. Do1-Do5 con prima ottava corta
Autori:
Data di acquisizione: 1992
Restauri: laboratorio "Mastro del legno" di Arnaldo Boldrini e Renato Carnevali - strumento (1995)
Bibliografia
"Collezione Tagliavini. Catalogo degli strumenti musicali", a cura di John Henry van der Meer e Luigi Ferdinando Tagliavini, Bononia University Press, Bologna 2008. Vol. I, pp. 54-65: A1 Clavicordo
Note
ENG. Clavichord, Anonymous, Italy, 16th century.