Fabbriche del Cavadizzo
Fabbriche del Cavadizzo
Genera il pdfNotizie storico artistiche
Datazione
Firma
Firma in basso a sinistra.
Tecnica e supporto
Olio su tela
Misure (in cm)
65x90
Notizie storico critiche
La zona del Cavadizzo è stata sventrata nei primi decenni del Novecento per permettere la costruzione di via Roma (oggi via Marconi). Per questo il dipinto riveste un interessantissimo documento storico di un brano urbanistico definitivamente perduto.
Di recente I. Stancari ha sciolto il nome dell'autore in Camillo Leoni (24 Marzo 1821 - 17 Dicembre 1892): "Nasce il 24 marzo, figlio di Luigi, "custode della Dogana" e Anna Maccari. Entra nell'ottobre del 1833, insieme a Gaetano Belvederi, a Girolamo Dal Pane (1821-1856) e a Raffaele Dalpino (1820-?), nel Collegio Venturoli. Leoni si dimostra un allievo molto disciplinato e perseverante - "[...] nel disegno si dimostra volenteroso avendo non poco lavorato con esattezza e precisione"- e al momento della prova di ingresso la commissione - nella quale sono Onofrio Zanotti (1787- 1861) e Pietro Fancelli (1764-1850) - lo trova più incline alla figura che all'ornato. Tuttavia nel 1835 gli insegnanti rilevano che: "nella Figura e Prospettiva ha mano piuttosto dura per cui i Sigg. Professori hanno provato a farlo disegnare di paesaggio in cui si vedrà quale profitto sia per sortire" e insieme a Dalpino è messo a studiare architettura con il Prof. Leandro Marconi (1763-1837) all'Accademia di Architettura. Definitivamente instradato nello studio della prospettiva e dell'architettura, viste come complementari del lavoro di pittore paesista, al ragazzo si chiede di più lungo tutto il 1836: "[...] conviene che diligentemente continui ad esercitare la mano nel disegno del Paesaggio [...]" e quando, in fine d'anno, si considerano i suoi disegni di architettura e paesaggio realizzarti ad acquerello, "non conoscendosi in lui alcun progresso", si ritiene che debba applicarsi maggiormente. Il 13 aprile 1840 esce dal Collegio, per i conseguiti limiti di età insieme ai compagni Belvederi, Dalpino e Dal Pane. Lascia come saggio "una Pittura ad Olio rappresentante un Paese" non identificato o forse perduto, e il giudizio finale su di lui ne loda il carattere, ma presenta qualche riserva sulla sua predisposizione: "Ottima è sempre stata l'indole di questo alunno, e sebbene d'apprima [sic] ritrovasse molta difficoltà nell'apprendere le arti nondimeno datosi più da vicino allo studio dell'Ornato e Paesaggio potrà con l'esercizio trovare vantaggio a sé, e decoro all'arte". In Accademia risulta iscritto dal 1834 al 1841 e frequenta corsi di Architettura, Ornato e Prospettiva secondo il programma del Collegio. Ottiene premi scolastici in Ornato nel 1837, 1838, e 1839 (un primo premio per dei Fiori); in Prospettiva nel 1837, 1838. Nel 1839 presenta all'esposizione accademica un Disegno di prospettiva ad acquerello. Nel 1840 vince anche il piccolo premio Curlandese di Prospettiva con "Un sotterraneo sepolcrale del medio evo" e l'anno successivo si aggiudica il premio, sempre di Prospettiva, ai concorsi accademici con "L'interno del Tempio di Diana in Efeso", per una scena da teatro a punto accidentale, riedificato dopo l'incendio d'Erostrato. Il giudizio della commissione è comunque molto duro: non si approva "lo stile architettonico e la esecuzione lineare, non egualmente l'aerea, la quale meglio intesa avrebbe prodotta una maggiore illusione scenografica sebbene non a punto accidentale. La vastità poi del tetto lascia qualche dubbiezza sulla sua solidità, e fermezza [...]" e la vittoria è condizionata anche dal fatto che non vi siano altri concorrenti: "[...] l'opera non manca di pregi, ed unica poi essendo dessa, da non patire adombramenti per via di confronti, l'ha la Commissione medesima ritenuta premiabile [...]". Se, come paesaggista, di lui si conoscono solo delle Fabbriche al Cavadizzo (Bologna, Collezione della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna), riconducibili alla tradizione di Basoli, come scenografo Leoni è attivo al Teatro Comunale di Bologna almeno dal 1845: Elisir d'Amore, di Gaetano Donizetti, con cadenza annuale, soprattutto a fianco di Valentino Solmi, Annibale Marini, Tito Azzolini e Luigi Bazzani, fino al 1857: Bondelmonte, di Giovanni Pacini. Il suo nome ricompare poi nel 1864: Guglielmo Tell, di Gioacchino Rossini con Marini, Solmi e Malagodi e nel 1879: Faust, di Charles Gounod con Ferri e Fontana. Resta, del suo percorso, quel che scrive Gatti: “alunno del Collegio Venturoli, pittore di decorazione e di scene teatrali, applicò la mente a risuscitare la negletta pittura a smalto sul vetro. Per sola forza di volontà riuscì nell'intento, benché povero di mezzi e senza guida, così da eseguire molte vetriate istoriate, le quali, se non emergono per alta bontà d'arte figurativa, sono però un valido documento esecutivo, il cui frutto non si è perduto, poiché lo continuano due suoi discepoli tuttavia giovani, Attilio e Alfredo Fabbri". Una testimonianza di questa attività di pittore su vetro sono le invetriate nella chiesa dei Santi Vitale e Agricola. Nel necrologio apparso sulla "Gazzetta dell'Emilia" il giorno dopo la sua morte avvenuta il 17 dicembre 1892, si dice che era stato appena nominato professore in Accademia e che: "Dopo essere stato molto tempo pittore scenografo, da qualche anno si era dato alla pittura su smalto, e di lui restano fra le altre, quelle sulle finestre delle chiese di S. Procolo, S. Giovanni in Monte, S. Vitale, ecc.".
testo tratto da: https://www.storiaememoriadibologna.it/leoni-camillo-520362-persona
Di recente I. Stancari ha sciolto il nome dell'autore in Camillo Leoni (24 Marzo 1821 - 17 Dicembre 1892): "Nasce il 24 marzo, figlio di Luigi, "custode della Dogana" e Anna Maccari. Entra nell'ottobre del 1833, insieme a Gaetano Belvederi, a Girolamo Dal Pane (1821-1856) e a Raffaele Dalpino (1820-?), nel Collegio Venturoli. Leoni si dimostra un allievo molto disciplinato e perseverante - "[...] nel disegno si dimostra volenteroso avendo non poco lavorato con esattezza e precisione"- e al momento della prova di ingresso la commissione - nella quale sono Onofrio Zanotti (1787- 1861) e Pietro Fancelli (1764-1850) - lo trova più incline alla figura che all'ornato. Tuttavia nel 1835 gli insegnanti rilevano che: "nella Figura e Prospettiva ha mano piuttosto dura per cui i Sigg. Professori hanno provato a farlo disegnare di paesaggio in cui si vedrà quale profitto sia per sortire" e insieme a Dalpino è messo a studiare architettura con il Prof. Leandro Marconi (1763-1837) all'Accademia di Architettura. Definitivamente instradato nello studio della prospettiva e dell'architettura, viste come complementari del lavoro di pittore paesista, al ragazzo si chiede di più lungo tutto il 1836: "[...] conviene che diligentemente continui ad esercitare la mano nel disegno del Paesaggio [...]" e quando, in fine d'anno, si considerano i suoi disegni di architettura e paesaggio realizzarti ad acquerello, "non conoscendosi in lui alcun progresso", si ritiene che debba applicarsi maggiormente. Il 13 aprile 1840 esce dal Collegio, per i conseguiti limiti di età insieme ai compagni Belvederi, Dalpino e Dal Pane. Lascia come saggio "una Pittura ad Olio rappresentante un Paese" non identificato o forse perduto, e il giudizio finale su di lui ne loda il carattere, ma presenta qualche riserva sulla sua predisposizione: "Ottima è sempre stata l'indole di questo alunno, e sebbene d'apprima [sic] ritrovasse molta difficoltà nell'apprendere le arti nondimeno datosi più da vicino allo studio dell'Ornato e Paesaggio potrà con l'esercizio trovare vantaggio a sé, e decoro all'arte". In Accademia risulta iscritto dal 1834 al 1841 e frequenta corsi di Architettura, Ornato e Prospettiva secondo il programma del Collegio. Ottiene premi scolastici in Ornato nel 1837, 1838, e 1839 (un primo premio per dei Fiori); in Prospettiva nel 1837, 1838. Nel 1839 presenta all'esposizione accademica un Disegno di prospettiva ad acquerello. Nel 1840 vince anche il piccolo premio Curlandese di Prospettiva con "Un sotterraneo sepolcrale del medio evo" e l'anno successivo si aggiudica il premio, sempre di Prospettiva, ai concorsi accademici con "L'interno del Tempio di Diana in Efeso", per una scena da teatro a punto accidentale, riedificato dopo l'incendio d'Erostrato. Il giudizio della commissione è comunque molto duro: non si approva "lo stile architettonico e la esecuzione lineare, non egualmente l'aerea, la quale meglio intesa avrebbe prodotta una maggiore illusione scenografica sebbene non a punto accidentale. La vastità poi del tetto lascia qualche dubbiezza sulla sua solidità, e fermezza [...]" e la vittoria è condizionata anche dal fatto che non vi siano altri concorrenti: "[...] l'opera non manca di pregi, ed unica poi essendo dessa, da non patire adombramenti per via di confronti, l'ha la Commissione medesima ritenuta premiabile [...]". Se, come paesaggista, di lui si conoscono solo delle Fabbriche al Cavadizzo (Bologna, Collezione della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna), riconducibili alla tradizione di Basoli, come scenografo Leoni è attivo al Teatro Comunale di Bologna almeno dal 1845: Elisir d'Amore, di Gaetano Donizetti, con cadenza annuale, soprattutto a fianco di Valentino Solmi, Annibale Marini, Tito Azzolini e Luigi Bazzani, fino al 1857: Bondelmonte, di Giovanni Pacini. Il suo nome ricompare poi nel 1864: Guglielmo Tell, di Gioacchino Rossini con Marini, Solmi e Malagodi e nel 1879: Faust, di Charles Gounod con Ferri e Fontana. Resta, del suo percorso, quel che scrive Gatti: “alunno del Collegio Venturoli, pittore di decorazione e di scene teatrali, applicò la mente a risuscitare la negletta pittura a smalto sul vetro. Per sola forza di volontà riuscì nell'intento, benché povero di mezzi e senza guida, così da eseguire molte vetriate istoriate, le quali, se non emergono per alta bontà d'arte figurativa, sono però un valido documento esecutivo, il cui frutto non si è perduto, poiché lo continuano due suoi discepoli tuttavia giovani, Attilio e Alfredo Fabbri". Una testimonianza di questa attività di pittore su vetro sono le invetriate nella chiesa dei Santi Vitale e Agricola. Nel necrologio apparso sulla "Gazzetta dell'Emilia" il giorno dopo la sua morte avvenuta il 17 dicembre 1892, si dice che era stato appena nominato professore in Accademia e che: "Dopo essere stato molto tempo pittore scenografo, da qualche anno si era dato alla pittura su smalto, e di lui restano fra le altre, quelle sulle finestre delle chiese di S. Procolo, S. Giovanni in Monte, S. Vitale, ecc.".
testo tratto da: https://www.storiaememoriadibologna.it/leoni-camillo-520362-persona
Soggetto o iconografia
In primo piano prato con uomini che fanno legna. Tutt'intorno edifici artigianali (essiccatoio), sul fondo campanile e nuovo edificio, forse Manifattura Tabacchi, a Bologna.
Bibliografia
F. Varignana, Le collezioni d'arte della Cassa di Risparmio in Bologna - I DIPINTI, Bologna, 1972, p. 451; F. Varignana, in "Fondazione per Bologna", n. 2, Bologna, 1999, p. 9; Bologna Arte Antiquaria, Bologna, 2002; Isabella Stancari, 'Il Primo album fotografico Belluzzi e i pittori bolognesi della Seconda metà del secolo XIX', Bollettino del Museo civico del Risorgimento, Bologna, anno LXIII - LXVI, 2018 – 2020, Bologna, 2022, pp.
Mostre
Visioni di Bologna (Bologna, 1954);