L'aratura
L'aratura
Genera il pdfNotizie storico artistiche
Datazione
Tecnica e supporto
Tempera e tecnica mista su carta
Misure foglio (in mm)
398x365
Fondo/Raggruppamento
Notizie storico critiche
L'opera in oggetto è il cartone preparatorio per il ciclo di affreschi che Galileo Chini ha realizzato nel 1942 per decorare il salone delle riunioni della Casa del Contadino nell'ex via Roma 67/2 (oggi Marconi) a Bologna, allora sede dell'Unione Provinciale Fascista dei Lavoratori dell'Agricoltura, oggi sede della Cgil. Scialbati nel 1955, gli affreschi, finora sconosciuti, si è scoperto esistere ancora sotto l'intonaco e in seguito all'acquisto dei qui presenti cartoni, è iniziato un impegnativo lavoro di restauro volto a recuperarli e riportarli interamente alla luce.
La scena si concentra sulla figura del contadino chino sull’aratro nello sforzo di indirizzare il vomere a rivoltare la terra. In un momento in cui l’Italia era già entrata in guerra a fianco della Germania si facevano sentire pressanti i problemi legati agli approvvigionamenti e all’economia di sussistenza per il paese: il grano, e più in generale i prodotti della terra, venivano razionati per gli italiani muniti di tessere annonarie per la spesa quotidiana. Particolarmente pesanti erano perciò i compiti del Ministero dell’Agricoltura anche sul versante della propaganda per l’enfatizzazione del lavoro agricolo, sentito al pari di una faticosa battaglia quotidiana combattuta nei campi.
Chini ne da però una interpretazione del tutto reale, concentrata sull’atto della fatica del contadino come attore anonimo di un’impresa vissuta nel silenzio della campagna all’alba; la coppia di buoi che era comparsa anche in altre passate decorazioni come il fregio per Salone delle Feste dell’Esposizione Internazionale di Roma del 1911° o nei pannelli per la grande Esposizione di Parigi del 1925, non ha più nulla di teatrale o di festoso nel ricordo palese delle mandrie maremmane di Giovanni Fattori.
La scena si concentra sulla figura del contadino chino sull’aratro nello sforzo di indirizzare il vomere a rivoltare la terra. In un momento in cui l’Italia era già entrata in guerra a fianco della Germania si facevano sentire pressanti i problemi legati agli approvvigionamenti e all’economia di sussistenza per il paese: il grano, e più in generale i prodotti della terra, venivano razionati per gli italiani muniti di tessere annonarie per la spesa quotidiana. Particolarmente pesanti erano perciò i compiti del Ministero dell’Agricoltura anche sul versante della propaganda per l’enfatizzazione del lavoro agricolo, sentito al pari di una faticosa battaglia quotidiana combattuta nei campi.
Chini ne da però una interpretazione del tutto reale, concentrata sull’atto della fatica del contadino come attore anonimo di un’impresa vissuta nel silenzio della campagna all’alba; la coppia di buoi che era comparsa anche in altre passate decorazioni come il fregio per Salone delle Feste dell’Esposizione Internazionale di Roma del 1911° o nei pannelli per la grande Esposizione di Parigi del 1925, non ha più nulla di teatrale o di festoso nel ricordo palese delle mandrie maremmane di Giovanni Fattori.
Soggetto o iconografia
Sotto i raggi del sole un contadino di spalle sta spingendo l'aratro trainato da un bue.
Bibliografia
J. Bentini, Lavoro e identità nazionale - la partecipazione dell'Emilia Romagna al 50° dell'Unità d'Italia, Bologna 2012, pp. 32-46; A. Marchi, in Antico e Moderno, Bologna 2014, pp. 278-281; Fiat Lux. Luce nelle Collezioni d'Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, a cura di B. Basevi, M. Nottoli, Silvana Editoriale, Cinisiello Balsamo , 2022, pp. 12-21;
Mostre
La filiera della Canapa (Gambettola, Novembre 2007-Gennaio 2008); Lavoro e identità nazionale. Galileo Chini, i cartoni della Casa del Contadino (Bologna, 2012); Fiat Lux. Luce nelle Collezioni d'Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, (Bologna, Palazzo Fava. 29 settembre- 27 novembre 2022);
Note
Il ciclo completo è composto da 10 cartoni (e non 9 come si pensava fino a poco tempo fa) di cui 7 acquistati dalla Fondazione Carisbo nel 2007 e uno, la Trebbiatura, in asta nel 2011. Ne rimangono due in collezioni private.