Pianta del piano terreno del Convento di San Martino Maggiore in Bologna
Pianta del piano terreno del Convento di San Martino Maggiore in Bologna
Genera il pdfInventario
F36786
Categoria:
Notizie storico artistiche
Datazione
Tecnica e supporto
carta incollata su tela
Misure foglio (in mm)
504x700
Marche e altre note manoscritte
firma autografa di Giovan Battista Martinetti in basso a dx
timbro in alto a sx
timbro in alto a sx
Notizie storico critiche
La pianta, insieme a quella relativa al piano superiore (Inv.36787), è relativa alle fasi preliminari della vendita di parte degli spazi del soppresso convento di San Martino al dottor Antonio Cavalli, a cui erano destinate le parti in giallo. Entrambi i disegni, applicati su tela, sono contrassegnati dalla firma autografa di Giovan Battista Martinetti (Bironico [Canton Ticino, 1764-Bologna, 1830), ingegnere capo comunale, che poi realizzerà il teatro insieme all’architetto Giuseppe Nadi (Casalecchio di Reno, 1779 – Bologna, 1814). Le piante, insieme ad altri documenti relativi alla vendita, vennero donati alla Cassa di Risparmio nel 1938 dal pittore e vedutista bolognese Guido Neri (Bologna, 1874 - 1940) nel 1979 per l'allora costituendo Museo della Cassa di risparmio in Bologna.
Antonio Cavalli era un fortunato speculatore che trattava la compravendita di Beni Nazionali (si vociferava che avesse “ammassato un patrimonio prendendo parte a mercimoni non leciti”) e un attore dilettante a tempo perso. Il suo intento era quello di trasformare quegli spazi in un teatro, come poi avvenne. La struttura aprì i battenti il 3 ottobre 1814 e divenne uno dei luoghi di spettacolo preferiti dalla piccola borghesia cittadina e dagli studenti della vicina Università. Nel 1938 l’edificio venne riconvertito ad uso di cinematografo e tale rimase fino al 1979.
I progettisti idearono una pianta molto originale, con tre ordini di palchi per una capienza di ottocento spettatori. A decorare il teatro furono chiamati i migliori artisti della vicina Accademia di Belle Arti: gli ornamenti in stucco del boccascena erano di Pietro Trefogli; la sala e il sipario furono dipinti da Antonio Basoli. Altre parti videro all'opera Pietro Fancelli, Luigi Cini, Rodolfo Fantuzzi, Mauro Berti. Il teatro, che aveva l’accesso da via Cavaliera (odierna via Oberdan), venne inaugurato con il dramma per musica “Matilde ossia la Selvaggia” di Carlo Coccia. Poco dopo fu rappresentata “L'Italiana in Algeri” di Gioacchino Rossini. Il Contavalli venne temporaneamente chiuso nel 1815, dopo la Restaurazione, per la contiguità con la chiesa parrocchiale di San Martino, ma dopo reiterate richieste del proprietario riaprì nell'estate 1816 con una replica dell'“Italiana in Algeri” e la prima assoluta del “Barbiere di Siviglia” di Rossini. Il maestro di Pesaro fu per diversi anni protagonista del cartellone del teatro e si può dire che questa costante “presenza” contribuì fortemente alla popolarità della sua musica a Bologna.
La produzione, grazie all’ottima acustica, oltre che al teatro cantato si rivolse successivamente anche al teatro recitato. Antonio Contavalli morì nel 1823 e l’edificio cominciò ad ospitare anche spettacoli per beneficenza, tanto che ottenne dal Legato il permesso di apertura anche di venerdì, giorno di vigilia e quindi tradizionalmente di chiusura. Furono messe in scena recite organizzate dall'Accademia dei Concordi, gruppo di giovani appassionati di teatro, che divenne una vera e propria istituzione cittadina. Al Contavalli recitarono commedie alfieriane inneggianti alla libertà giovani interessanti quali Gustavo Modena, Augusto Aglebert, Luigi Pescantini. Nel Novecento il Contavalli fu sede dei trionfi di Angelo Gandolfi, che recitava le commedie dialettali di Fanfulla Fabbri e per diversi anni fu il tempio dei Filodrammatici e del teatro in vernacolo. Lo stesso Alfredo Testoni vi lavorò a lungo come autore e capocomico. Il pubblico era composto soprattutto dai popolani del vicino Borgo della Mascarella. Dal 1923 la struttura fu gestita dall’impresario e regista Alfredo Galliani che, nel frattempo, ne era diventato proprietario e che aveva nello stesso stabile la sua abitazione.
Dal 1938 fu trasformato in cinematografo e anche sotto questa veste ebbe successo. Il declino iniziò negli anni Settanta. Nel 1979 fu chiuso definitivamente. L’edificio fu abbattuto e riconvertito.
Antonio Cavalli era un fortunato speculatore che trattava la compravendita di Beni Nazionali (si vociferava che avesse “ammassato un patrimonio prendendo parte a mercimoni non leciti”) e un attore dilettante a tempo perso. Il suo intento era quello di trasformare quegli spazi in un teatro, come poi avvenne. La struttura aprì i battenti il 3 ottobre 1814 e divenne uno dei luoghi di spettacolo preferiti dalla piccola borghesia cittadina e dagli studenti della vicina Università. Nel 1938 l’edificio venne riconvertito ad uso di cinematografo e tale rimase fino al 1979.
I progettisti idearono una pianta molto originale, con tre ordini di palchi per una capienza di ottocento spettatori. A decorare il teatro furono chiamati i migliori artisti della vicina Accademia di Belle Arti: gli ornamenti in stucco del boccascena erano di Pietro Trefogli; la sala e il sipario furono dipinti da Antonio Basoli. Altre parti videro all'opera Pietro Fancelli, Luigi Cini, Rodolfo Fantuzzi, Mauro Berti. Il teatro, che aveva l’accesso da via Cavaliera (odierna via Oberdan), venne inaugurato con il dramma per musica “Matilde ossia la Selvaggia” di Carlo Coccia. Poco dopo fu rappresentata “L'Italiana in Algeri” di Gioacchino Rossini. Il Contavalli venne temporaneamente chiuso nel 1815, dopo la Restaurazione, per la contiguità con la chiesa parrocchiale di San Martino, ma dopo reiterate richieste del proprietario riaprì nell'estate 1816 con una replica dell'“Italiana in Algeri” e la prima assoluta del “Barbiere di Siviglia” di Rossini. Il maestro di Pesaro fu per diversi anni protagonista del cartellone del teatro e si può dire che questa costante “presenza” contribuì fortemente alla popolarità della sua musica a Bologna.
La produzione, grazie all’ottima acustica, oltre che al teatro cantato si rivolse successivamente anche al teatro recitato. Antonio Contavalli morì nel 1823 e l’edificio cominciò ad ospitare anche spettacoli per beneficenza, tanto che ottenne dal Legato il permesso di apertura anche di venerdì, giorno di vigilia e quindi tradizionalmente di chiusura. Furono messe in scena recite organizzate dall'Accademia dei Concordi, gruppo di giovani appassionati di teatro, che divenne una vera e propria istituzione cittadina. Al Contavalli recitarono commedie alfieriane inneggianti alla libertà giovani interessanti quali Gustavo Modena, Augusto Aglebert, Luigi Pescantini. Nel Novecento il Contavalli fu sede dei trionfi di Angelo Gandolfi, che recitava le commedie dialettali di Fanfulla Fabbri e per diversi anni fu il tempio dei Filodrammatici e del teatro in vernacolo. Lo stesso Alfredo Testoni vi lavorò a lungo come autore e capocomico. Il pubblico era composto soprattutto dai popolani del vicino Borgo della Mascarella. Dal 1923 la struttura fu gestita dall’impresario e regista Alfredo Galliani che, nel frattempo, ne era diventato proprietario e che aveva nello stesso stabile la sua abitazione.
Dal 1938 fu trasformato in cinematografo e anche sotto questa veste ebbe successo. Il declino iniziò negli anni Settanta. Nel 1979 fu chiuso definitivamente. L’edificio fu abbattuto e riconvertito.