Pianta della Certosa di Bologna
Pianta della Certosa di Bologna
Genera il pdfNotizie storico artistiche
Inventore
Anonimo
Disegnatore
Anonimo
Luogo e anno di edizione
Bologna, 1829
Tecnica e supporto
Acquaforte
Misure foglio (in mm)
430 x 554
Fondo/Raggruppamento
Notizie storico critiche
La pianta faceva in origine parte della guida che, nel 1829, chiude l'opera di Giovanni Zecchi dedicata alla Certosa, la 'Descrizione del Cimitero di Bologna'.
Il formato della pubblicazione, di 210 x 140 mm, viene scelto per poterlo rendere tascabile, proprio come una guida moderna, che consente al visitatore di aggirarsi tra i chiostri leggendone le descrizioni riportate nelle 48 pagine e potendosi orientare attraverso la pianta. La guida è completata da otto vedute. La stampa, dettagliatissima, ci consegna la sistemazione dei terreni che facevano parte dell'ex convento, e solo parzialmente occupate dai chiostri e dagli edifici funebri.
Nel 1829 vaste aree erano ancora adibite alla loro secolare funzione, cioè ad orti, consentendo al buon numero di dipendenti della Certosa di avere autonomia alimentare e, anzi, di vendere parte dei prodotti, proprio come avevano fatto i frati certosini. Possibilità che veniva avvantaggiata dalla presenza del Canale di Reno, preziosa fonte d'acqua irrigua addossata su tutto il lato sud del cimitero.La struttura conventuale è ancora quasi del tutto intatta, e le cappelle interne, poste intorno al campanile, sono ancora in essere. Le numerose celle monacali, pur svuotate, sono utilizzate quali loggiati con Monumenti diversi, oppure con Monumenti antichi, o ancora chiusi, che si preparano ad uso sepolcrale. Le celle contrassegnate in pianta ai n. 9 e 11, dedicate ai sacerdoti e alle monache, sono ancora esistenti, mentre tutte le altre sono andate distrutte.
In considerazione della data di stampa, sono poi visibili le prime addizioni architettoniche, e cioè la Sala delle Tombe, il Loggiato delle Tombe e i primi lavori della Sala delle Catacombe, eseguite su progetti di Angelo Venturoli e Luigi Marchesini tra 1816 e 1833. Il Chiostro V o Maggiore, qui denominato al n. 3 Campo per la tumulazione comune degli adulti, e Portico con Monumenti, vede completato solo il lato sud, mentre a nord, contrassegnato dal n. 2, vi è già il nuovo cancello di ingresso al cimitero, eseguito su progetto di Gasparini. Il chiostro sarà completato verso gli anni '40 dello stesso secolo, poi suddiviso nel novecento sul lato est con un portico, tale da ottenere la simmetria planimetrica e ricavando così il Chiostro annesso. Gli spazi cimiteriali vedono una suddivisione sociale precisa, che andrà man mano diradandosi, e così si vede che vi sono chiostri e cortili dedicati solo ai pubblici impiegati, e de' militari, oppure ai defunti degli Orfanotrofi, o ancora pe' defunti del Circondario della Città.
Numerosissimi sono gli spazi di attività quotidiana per i dipendenti, che non solo servivano al funzionamento del cimitero: al numero 38 alcuni edifici sono destinati ad abitazioni del Custode, de' Cappellani, ed altri inservienti del cimitero, facendoci comprendere che essi qui risiedano permanentemente e che quindi necessitano di un cortile rustico con ghiacciaia oppure di rimesse, stalle, legnaie, ed altri locali per usi diversi. Una convivenza tra morti e vivi strettissima, ribadita più volte nelle descrizioni dei visitatori e nelle memorie dei bolognesi.(Roberto Martorelli. See more at: http://www.storiaememoriadibologna.it/)
Il formato della pubblicazione, di 210 x 140 mm, viene scelto per poterlo rendere tascabile, proprio come una guida moderna, che consente al visitatore di aggirarsi tra i chiostri leggendone le descrizioni riportate nelle 48 pagine e potendosi orientare attraverso la pianta. La guida è completata da otto vedute. La stampa, dettagliatissima, ci consegna la sistemazione dei terreni che facevano parte dell'ex convento, e solo parzialmente occupate dai chiostri e dagli edifici funebri.
Nel 1829 vaste aree erano ancora adibite alla loro secolare funzione, cioè ad orti, consentendo al buon numero di dipendenti della Certosa di avere autonomia alimentare e, anzi, di vendere parte dei prodotti, proprio come avevano fatto i frati certosini. Possibilità che veniva avvantaggiata dalla presenza del Canale di Reno, preziosa fonte d'acqua irrigua addossata su tutto il lato sud del cimitero.La struttura conventuale è ancora quasi del tutto intatta, e le cappelle interne, poste intorno al campanile, sono ancora in essere. Le numerose celle monacali, pur svuotate, sono utilizzate quali loggiati con Monumenti diversi, oppure con Monumenti antichi, o ancora chiusi, che si preparano ad uso sepolcrale. Le celle contrassegnate in pianta ai n. 9 e 11, dedicate ai sacerdoti e alle monache, sono ancora esistenti, mentre tutte le altre sono andate distrutte.
In considerazione della data di stampa, sono poi visibili le prime addizioni architettoniche, e cioè la Sala delle Tombe, il Loggiato delle Tombe e i primi lavori della Sala delle Catacombe, eseguite su progetti di Angelo Venturoli e Luigi Marchesini tra 1816 e 1833. Il Chiostro V o Maggiore, qui denominato al n. 3 Campo per la tumulazione comune degli adulti, e Portico con Monumenti, vede completato solo il lato sud, mentre a nord, contrassegnato dal n. 2, vi è già il nuovo cancello di ingresso al cimitero, eseguito su progetto di Gasparini. Il chiostro sarà completato verso gli anni '40 dello stesso secolo, poi suddiviso nel novecento sul lato est con un portico, tale da ottenere la simmetria planimetrica e ricavando così il Chiostro annesso. Gli spazi cimiteriali vedono una suddivisione sociale precisa, che andrà man mano diradandosi, e così si vede che vi sono chiostri e cortili dedicati solo ai pubblici impiegati, e de' militari, oppure ai defunti degli Orfanotrofi, o ancora pe' defunti del Circondario della Città.
Numerosissimi sono gli spazi di attività quotidiana per i dipendenti, che non solo servivano al funzionamento del cimitero: al numero 38 alcuni edifici sono destinati ad abitazioni del Custode, de' Cappellani, ed altri inservienti del cimitero, facendoci comprendere che essi qui risiedano permanentemente e che quindi necessitano di un cortile rustico con ghiacciaia oppure di rimesse, stalle, legnaie, ed altri locali per usi diversi. Una convivenza tra morti e vivi strettissima, ribadita più volte nelle descrizioni dei visitatori e nelle memorie dei bolognesi.(Roberto Martorelli. See more at: http://www.storiaememoriadibologna.it/)