Progetto per un monumento funebre
Progetto per un monumento funebre
Genera il pdfNotizie storico artistiche
Datazione
Tecnica e supporto
penna e acquerello su cartoncino
Misure foglio (in mm)
160x110
Marche e altre note manoscritte
Sopra un basamento di marmi o finti marmi policromi tra due colonne, vi è il riquadro preparato per l'iscrizione. Più in alto era sicuramente prevista la collocazione di un medaglione che avrebbe raffigurato il defunto. Sotto l’arco le sigle “IHS” (abbreviazione che indica il nome ΙΗΣΟΥΣ, cioè "Iesous", Gesù, in lingua greca antica e caratteri maiuscoli) e “MR” relativo a Maria Vergine.
Fondo/Raggruppamento
Notizie storico critiche
Nel giugno 1977 l’ing. Zanotti donò alla Cassa di Risparmio in Bologna questo piccolo album / fascicolo contenente 14 disegni originali. Sulla copertina (cfr. immagine più sopra) aveva scritto “Certosa di Bologna? O studi? / Autori vari / Pizzoli Gaetano (2 firmati) con scala in piedi bolognesi / Arco di Trionfo di ? datato 1761 I?”.
L’ing. Zanotti era un discendente di Onofrio Zanotti (Bologna, 1787 – 1861) e, nel corso degli anni Settanta del secolo scorso, donò alla banca altri disegni (cfr. schede disegni e incisioni, busta Zanotti, ugualmente rinvenuta nel corso del riordino svolto durante il Progetto triennale 2020-2023 affidatoD. Schiavina). Onofrio Zanotti fu ornatista. Il suo apprendistato si svolse sotto la guida di Giuseppe Fancelli e di Gaetano Caponeri. Studiò all'Accademia di Belle Arti, nel 1814, fu al fianco di Antonio Basoli come collaboratore nelle numerose commissioni che questi andava eseguendo a Bologna. Tra il 1822 e il 1828 collaborò col Caponeri alla decorazione del Palazzo Arcivescovile. Successivamente fu attivo in Palazzo Salina, in palazzo Caprara, in Palazzo Spada. Tra le tante opere lasciateci in edifici privati, pubblici e religiosi bolognesi, decisamente degna di nota è la prospettiva illusionistica all’interno della Sala del Consiglio in Palazzo Malvezzi. E' citato dal Bianconi tra gli artisti attivi nel cantiere di palazzo Davia. Alla Certosa, è documentato nell'esecuzione di quattro monumenti eseguiti tra il 1815 e il 1825. Oltre a quello per Angela Arfelli, quello per Giuseppe Untersteiner (1825 ca) – perduto- per Giovanni Guidi, eseguito con Gaetano Caponeri nel 1818. Nello stesso anno intervenne per le parti dipinte della tomba Tomasoli. In questa piccola silloge, nessuno dei disegni è firmato da lui. Gli unici due cui si può far risalire la paternità certa (cfr. la firma nell’angolo inferiore destro) sono di Gaetano Francesco Pizzoli.
I restanti dieci disegni sono tutti relativi a motivi funebri. Sono di diverse dimensioni e realizzati prevalentemente a china, a matita e all’acquerello. L’interesse per tali soggetti si può comprendere con il nuovo concetto di “decoro” che si andò sviluppando all’interno della società post-rivoluzionaria nel primo e secondo Ottocento. Dopo l’abbellimento dei palazzi e delle case della nuova borghesia che andava a sostituirsi alla decadente nobiltà delle antiche classi senatorie, i ricchi committenti fecero quasi a gara per erigere ed abbellire la loro ultima dimora. L’editto di Saint Cloud (1801), infatti, proscriveva la sepoltura nelle chiese e all’interno della città e ingiungeva dovesse avvenire fuori dalle mura. Pertanto, il trecentesco convento certosino di San Girolamo fu convertito a deposito mortuario comunale e divenne un vero e proprio concentrato di opere d’arte, che richiese l’impiego di una ragguardevole quantità di mano d’opera di ogni tipo: una febbrile attività che coinvolse tutti gli artisti locali sui quali aleggiavano -ispiratori- i versi dei Sepolcri foscoliani. Proprio tali artisti illustrarono la nuova Certosa attraverso opere a stampa in folio o in piccolo formato che raccoglievano le immagini dei monumenti più significativi.
L’ing. Zanotti era un discendente di Onofrio Zanotti (Bologna, 1787 – 1861) e, nel corso degli anni Settanta del secolo scorso, donò alla banca altri disegni (cfr. schede disegni e incisioni, busta Zanotti, ugualmente rinvenuta nel corso del riordino svolto durante il Progetto triennale 2020-2023 affidatoD. Schiavina). Onofrio Zanotti fu ornatista. Il suo apprendistato si svolse sotto la guida di Giuseppe Fancelli e di Gaetano Caponeri. Studiò all'Accademia di Belle Arti, nel 1814, fu al fianco di Antonio Basoli come collaboratore nelle numerose commissioni che questi andava eseguendo a Bologna. Tra il 1822 e il 1828 collaborò col Caponeri alla decorazione del Palazzo Arcivescovile. Successivamente fu attivo in Palazzo Salina, in palazzo Caprara, in Palazzo Spada. Tra le tante opere lasciateci in edifici privati, pubblici e religiosi bolognesi, decisamente degna di nota è la prospettiva illusionistica all’interno della Sala del Consiglio in Palazzo Malvezzi. E' citato dal Bianconi tra gli artisti attivi nel cantiere di palazzo Davia. Alla Certosa, è documentato nell'esecuzione di quattro monumenti eseguiti tra il 1815 e il 1825. Oltre a quello per Angela Arfelli, quello per Giuseppe Untersteiner (1825 ca) – perduto- per Giovanni Guidi, eseguito con Gaetano Caponeri nel 1818. Nello stesso anno intervenne per le parti dipinte della tomba Tomasoli. In questa piccola silloge, nessuno dei disegni è firmato da lui. Gli unici due cui si può far risalire la paternità certa (cfr. la firma nell’angolo inferiore destro) sono di Gaetano Francesco Pizzoli.
I restanti dieci disegni sono tutti relativi a motivi funebri. Sono di diverse dimensioni e realizzati prevalentemente a china, a matita e all’acquerello. L’interesse per tali soggetti si può comprendere con il nuovo concetto di “decoro” che si andò sviluppando all’interno della società post-rivoluzionaria nel primo e secondo Ottocento. Dopo l’abbellimento dei palazzi e delle case della nuova borghesia che andava a sostituirsi alla decadente nobiltà delle antiche classi senatorie, i ricchi committenti fecero quasi a gara per erigere ed abbellire la loro ultima dimora. L’editto di Saint Cloud (1801), infatti, proscriveva la sepoltura nelle chiese e all’interno della città e ingiungeva dovesse avvenire fuori dalle mura. Pertanto, il trecentesco convento certosino di San Girolamo fu convertito a deposito mortuario comunale e divenne un vero e proprio concentrato di opere d’arte, che richiese l’impiego di una ragguardevole quantità di mano d’opera di ogni tipo: una febbrile attività che coinvolse tutti gli artisti locali sui quali aleggiavano -ispiratori- i versi dei Sepolcri foscoliani. Proprio tali artisti illustrarono la nuova Certosa attraverso opere a stampa in folio o in piccolo formato che raccoglievano le immagini dei monumenti più significativi.