Ritratto di Girolamo Ridolfi detto il conte Girolamo Lucchini

665d6786d695a400078a5ea4

Ritratto di Girolamo Ridolfi detto il conte Girolamo Lucchini

 Genera il pdf
Inventario
F22094
Autore
Categoria:

Notizie storico artistiche

Luogo e anno di edizione
s.l., fine sec. XVIII
Tecnica e supporto
acquaforte
Misure foglio (in mm)
200x145
Misure battuta (in mm)
130x90
Iscrizioni incise
nel riquadro in basso: “Ritratto del Reo p. il Furto comes / so nel Sagro Monte di Pietà di Bo / logna li 26 Gennaro 1789”
Notizie storico critiche
Girolamo Ridolfi, alias Girolamo Lucchini, è meglio ricordato come il “ladro del Monte” a causa di un furto rimasto celebre nella storia di Bologna. Nato l’11 dicembre 1742 in provincia di Verona da una famiglia di piccola nobiltà, a soli sedici anni divenne corazziere della Repubblica Veneta. La disciplina, però, non faceva per lui: presto uscì dal corpo militare e si diede ad una vita spericolata. Divenne un abilissimo falsario, tanto da essere rinchiuso in carcere perché ritenuto assai pericoloso. Da qui riuscì poi a evadere costruendo lui stesso una chiave copia perfetta di quella in possesso dei sorveglianti. Nel 1772 approdò a Bologna, dove assunse il falso nome di Girolamo Lucchini e dove incontrò anche il vero amore della sua vita: Berenice Seracci vedova Nanetti. Per mantenere la famiglia, riprese la sua attività di fabbricazione e smercio di monete false e si diede al furto di stoffe e denari. Ma, il colpo grosso della sua vita lo mise in atto nella notte tra il 24 e il 25 gennaio 1788 svaligiando il Monte di Pietà, luogo dove tutti i Bolognesi, ricchi o poveri depositavano i loro averi per ragioni diverse. Dopo una lunga e meticolosa preparazione compì il colpo. Il furto ebbe una risonanza enorme. Le autorità offrirono ricompense e le indagini furono indirizzate in tutte le direzioni. Si arrivò ad un punto morto, finchè Berenice non fu sorpresa mentre cercava di far sparire un orologio d’oro. A quel punto, entrambi vennero arrestati. Solo dopo mesi, in cambio della libertà, Berenice cedette e confessò tutto. Sotto il pavimento della loro casa vennero ritrovati la refurtiva e gli arnesi da scasso. Di fronte all’impossibilità di negare l’evidenza, Lucchini si arrese, anche per evitare la tortura a Berenice. L’avvocato Magnani, suo difensore, non riuscì ad evitargli la condanna a morte, ma ottenne che questa fosse eseguita per mezzo della decapitazione: Lucchini era comunque un nobile e non poteva subire l’onta dell’impiccagione. La sentenza venne eseguita il 26 febbraio 1791 nella Piazza del Mercato, ora Montagnola.