Salmace e Ermafrodito; Pan e Cupido
Salmace e Ermafrodito; Pan e Cupido
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M5082
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Notizie storico artistiche
Datazione
Inventore
Carracci Annibale (Bologna 1560- Roma 1609)
Disegnatore
Cesi Carlo (Antrodoco 1625 - Rieti 1686)
Luogo e anno di edizione
Roma
Serie
Galleria in Palazzo Farnese Roma...
Tecnica e supporto
Acquaforte
Misure foglio (in mm)
436x618
Misure battuta (in mm)
261x540
Misure immagine (in mm)
261x540
Iscrizioni incise
"Tab. XIV 1. / Tab. XIV 2. / Ann. Carac. Inv. / C. Casius del. et sculp. / AWesterhout formis cum Pirvil. S. Pontifi."
Marche e altre note manoscritte
Sul verso, Edgardo Grazia riporta a matita: "Carlo Cesio, pittore e incisore, scolaro di Pietro Perrettini (Roma 1645-1686) / B. 34 "Gli amori di Salmace e Ermafrodito" e "l'amore doma il dio Pan" / dalla serie di 44 tavole "La Galleria nel Palazzo Farnese, dipinta da Ann. Carracci" "
Notizie storico critiche
La stampa fa parte di una serie di una quarantina di incisioni realizzate per conto proprio da Carlo Cesi e aventi come soggetto alcuni dettagli delle decorazioni carraccesche di Palazzo Farnese. Questa raccolta incisoria confluì in un libro intitolato "Argomento della Galleria Farnese dipinta da Annibale Carracci, disegnata e intagliata da Carlo Cesio" con prefazione di Francois Collignon e testo di Giovanni Pietro Bellori. Per la prima volta nella storia delle pubblicazioni italiane, le stampe vennero affiancate a una descrizione e spiegazione tanto delle immagini esposte quanto del progetto generale decorativo e del complesso architettonico. Con questo testo, Bellori debutta come scrittore di arte moderna.
Le stampe realizzate da Cesi, le prime incise dall'artista, non si distinguono per la loro adesione al linguaggio carraccesco, il quale sembra piuttosto virare sull'immaginario della grazia correggesca; ogni apparato decorativo risulta inoltre disgiunto dal contesto architettonico. Già verso il 1677 Bellori avvertiva della necessità di un nuovo progetto editoriale che colmasse le lacune del Cesi.
Con programma editoriale del 1677 Bellori "voleva che dall'insieme risultasse a pieno quel concerto d'immagini che meravigliosamente inganna i sensi del guardante, facendo prendere per verosimile il popolo di figure di varia natura, carnale e marmorea, colorita e monocroma, impegnata nella volta straordinaria a sostenere li architravi, a presentare i medaglioni, a reggere le storie finte come arazzi, a mostrarsi in bilico sui cornicioni, a recitare nobili e drammatiche parti dentro le storie, a volare nel cielo immaginato a vista al di là delle aperture finte dell'architettura. Ma voleva anche le raffigurazioni di tutto quanto di vero, non solo di finto, era incastonato nelle pareti dell'ambiente reale, le sculture antiche della prestigiosa raccolta farnesiana, i busti negli ovali fra le lesene, le statue nelle nicchie fra le porte; ossia il mondo ideale dell'amatore di cose antiche, favole e cimeli, con il quale si era identificato il cardinal Odardo Farnese, committente dell'opera alla fine del Cinquecento, e con il quale a maggior ragione si identificava ora lui stesso, l'intendente per eccellenza, Giovan Pietro Bellori" (Borea p. 311). Il rilancio dei capolavori carracceschi in questo progetto unitario seguiva logicamente l'esaltazione condotta dallo stesso Bellori nel 1672 con "Le vite de' pittori, scultori et architetti moderni".
Le stampe realizzate da Cesi, le prime incise dall'artista, non si distinguono per la loro adesione al linguaggio carraccesco, il quale sembra piuttosto virare sull'immaginario della grazia correggesca; ogni apparato decorativo risulta inoltre disgiunto dal contesto architettonico. Già verso il 1677 Bellori avvertiva della necessità di un nuovo progetto editoriale che colmasse le lacune del Cesi.
Con programma editoriale del 1677 Bellori "voleva che dall'insieme risultasse a pieno quel concerto d'immagini che meravigliosamente inganna i sensi del guardante, facendo prendere per verosimile il popolo di figure di varia natura, carnale e marmorea, colorita e monocroma, impegnata nella volta straordinaria a sostenere li architravi, a presentare i medaglioni, a reggere le storie finte come arazzi, a mostrarsi in bilico sui cornicioni, a recitare nobili e drammatiche parti dentro le storie, a volare nel cielo immaginato a vista al di là delle aperture finte dell'architettura. Ma voleva anche le raffigurazioni di tutto quanto di vero, non solo di finto, era incastonato nelle pareti dell'ambiente reale, le sculture antiche della prestigiosa raccolta farnesiana, i busti negli ovali fra le lesene, le statue nelle nicchie fra le porte; ossia il mondo ideale dell'amatore di cose antiche, favole e cimeli, con il quale si era identificato il cardinal Odardo Farnese, committente dell'opera alla fine del Cinquecento, e con il quale a maggior ragione si identificava ora lui stesso, l'intendente per eccellenza, Giovan Pietro Bellori" (Borea p. 311). Il rilancio dei capolavori carracceschi in questo progetto unitario seguiva logicamente l'esaltazione condotta dallo stesso Bellori nel 1672 con "Le vite de' pittori, scultori et architetti moderni".
Soggetto o iconografia
Salmace e Ermafrodito; Pan e Cupido
Bibliografia
Borea E., Lo specchio dell'arte italiana. Stampe in cinque secoli, Edizioni della Normale, Pisa, 2009, vol. I, pp. 308-311.
Note
Secondo stato, cambio editore