Tavola XXV, Volume "Piante di Bologna"
Tavola XXV, Volume "Piante di Bologna"
Genera il pdfNotizie storico artistiche
Datazione
Firma
No
Tecnica e supporto
Acquerello, inchiostro e tracce di grafite su carta filigranata.
Misure foglio (in mm)
450 x 335 ciascuna pagina.
Iscrizioni
"Adi 20 maggio anno 1685 | Pianta in misura del pian ter/reno del palazzo dell'Ill.ma Casa de' / Sig.ri Senator Giacomo Filippo e Vincenzo / nepote de Bargellini posta in Strada Maggiore sotto la parochia di S. Tomaso apresso le sue / notate confine".
Notizie storico critiche
Le mappe agricole e urbane presenti all’interno di queste collezioni, costituiscono una preziosa testimonianza di com’era il territorio bolognese tra il XVII e il XVIII secolo. Redatte con lo scopo di delimitare con certezza le singole proprietà private, queste mappe sono state un utile strumento per risolvere ogni possibile questione inerente ai diritti e ai regolamenti della proprietà terriera, soprattutto in un periodo di grandi cambiamenti come quello di cui esse sono testimoni. Nei primi anni del Settecento, infatti, vengono introdotte riforme di stampo protocapitalista che portano a una vera e propria rivoluzione dell’economia, in particolar modo per quella basata sull’agricoltura. I possedimenti terrieri incominciano a essere considerati come sorgenti di profitti destinati ad aumentare sempre di più. Nasce da questa consapevolezza la necessità di una conoscenza più approfondita di essi da parte degli stessi proprietari che, dopo secoli di disinteresse, richiedono sempre più informazioni sui terreni e sulle loro caratteristiche, sulle tecniche di coltura e i loro sviluppi, e incominciano a progettare riorganizzazioni e bonifiche dei campi. Proprio in funzione di tale evoluzione, la figura del perito agrimensore si evolve e diviene di primaria importanza, richiedendo competenze maggiori e una solida base culturale rispetto ai secoli precedenti. La stesura delle mappe, difatti, diviene un compito preciso in cui nulla - dalla struttura del segno alla scelta del colore - può essere lasciato all’intuizione personale del singolo. In esse devono essere precisate le aree riservate alle colture, specificandone le qualità, gli spazi destinati alle abitazioni, ai luoghi di ricovero per gli animali, alle piantagioni ad alto fusto, e così via. Sfortunatamente queste mappe fanno parte di una raccolta mutila e interessano porzioni di territorio scaglionate in maniera disomogenea, rendendo impossibile una campionatura regolare e completa dell’agro bolognese tra Seicento e Settecento.
Il volume oggetto d'analisi, redatto dal perito agrimensore Tomaso Cassani a partire dal 1685, è il più antico in possesso di queste collezioni e, con le sue settantadue mappe, anche il più ampio. Non si conosce quale sia stata di preciso la formazione culturale dell’autore. Il Cassani, comunque, mostra precise competenze in più settori, dall’architettura all’idrologia, all’agrimensura, eseguendo perizie di terreni e degli edifici soprastanti, di fabbriche cittadine; presentando progetti per la correzione di corsi d’acqua e d’inalveazione degli stessi, e proponendo rimedi per arginare i danni conseguenti le rotte. Verosimilmente, la sua formazione è avvenuta a bottega, facendo seguito a una tradizione familiare, dato che si conoscono altri agrimensori che rispondono al nome Cassani. Inoltre, Tomaso Cassani firma stime e valutazioni per vendite e permute e, spesso, le carte da lui disegnate costituiscono prova in cause pendenti presso il Foro bolognese. Alcune mappe, alla fine del volume, mostrano l’intervento di un’altra mano, che dovrebbe ricondursi, anche laddove non specificato, a quella di Angelo Zanardi.
Il volume oggetto d'analisi, redatto dal perito agrimensore Tomaso Cassani a partire dal 1685, è il più antico in possesso di queste collezioni e, con le sue settantadue mappe, anche il più ampio. Non si conosce quale sia stata di preciso la formazione culturale dell’autore. Il Cassani, comunque, mostra precise competenze in più settori, dall’architettura all’idrologia, all’agrimensura, eseguendo perizie di terreni e degli edifici soprastanti, di fabbriche cittadine; presentando progetti per la correzione di corsi d’acqua e d’inalveazione degli stessi, e proponendo rimedi per arginare i danni conseguenti le rotte. Verosimilmente, la sua formazione è avvenuta a bottega, facendo seguito a una tradizione familiare, dato che si conoscono altri agrimensori che rispondono al nome Cassani. Inoltre, Tomaso Cassani firma stime e valutazioni per vendite e permute e, spesso, le carte da lui disegnate costituiscono prova in cause pendenti presso il Foro bolognese. Alcune mappe, alla fine del volume, mostrano l’intervento di un’altra mano, che dovrebbe ricondursi, anche laddove non specificato, a quella di Angelo Zanardi.
Soggetto o iconografia
Planimetria su due pagine riguardante il pianterreno di Palazzo Bargellini in Strada Maggiore, sede della galleria dell'Opera Pia Davia Bargellini e del Museo d'Arte industriale di Bologna. L'edificio fu progettato da Bartolomeno Provaglia nel 1638, terminato dopo vent'anni di lavori, nel 1658. Posto di fronte al portico della basilica di Santa Maria dei Servi, l'ingresso del palazzo si caratterizza per la presenza dei due telamoni, opera di Francesco Agnesini (il telamone a destra) e di Gabriele Brunelli (il telamone a sinistra).
Il palazzo esprime la tipologia classica dell'edificio patrizio, con androne centrale e prospettiva finale con esedra in asse con l'androne, cui sono in fregio la corte e lo scalone. Quest'ultimo è riportato in pianta nella sua versione originale, prima dei mutamenti apportati da Carlo Francesco Dotti nel 1720. Nella corte, inoltre, si nota l'assenza delle linee pluviali, e si può ritenere che il fondo fosse ancora in terra battuta. La tipologia si adatta ad un isolato racchiuso da tre strade che rappresentato un caso abbastanza raro nell'ambito della struttura topografica della città.
Il palazzo esprime la tipologia classica dell'edificio patrizio, con androne centrale e prospettiva finale con esedra in asse con l'androne, cui sono in fregio la corte e lo scalone. Quest'ultimo è riportato in pianta nella sua versione originale, prima dei mutamenti apportati da Carlo Francesco Dotti nel 1720. Nella corte, inoltre, si nota l'assenza delle linee pluviali, e si può ritenere che il fondo fosse ancora in terra battuta. La tipologia si adatta ad un isolato racchiuso da tre strade che rappresentato un caso abbastanza raro nell'ambito della struttura topografica della città.
Bibliografia
F. Varignana (a cura di), Le Collezioni della Cassa di Risparmio in Bologna - I disegni 2. mappe agricole e urbane del territorio bolognese dei secoli XVII e XVIII, Bologna 1974.
Note
Nel volume di Cassani è indicata come Tavola 24. Per le piante del piano nobile e di quello sotterraneo si rimanda alla Tavola XXX e XXXI del medesimo volume.