Crocifisso con Santa Tecla e committente della famiglia Pellegrini

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Crocifisso con Santa Tecla e committente della famiglia Pellegrini

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Notizie storico artistiche

Datazione
Firma
Siglato e datato
Tecnica e supporto
Olio su tela
Misure (in cm)
190x113
Iscrizioni
"L.M.F. 1639"
Notizie storico critiche
Quersto dipinto è apparso in un'asta Sotheby's di Londra il primo novembre 2005 come opera di un ignoto "Monogrammista L M" in quanto reca in basso, ai piedi della croce, su una lastra squadrata, le lettere "HE" e "P" e sul taglio dello spessore le lettere "L.M.F. 1639". È ben difficile in realtà che quest'ultima sigla indichi il nome del pittore, come impropriamente si è voluto affermare suggerendo il nome di Lucio Massari, altro allievo di Ludovico Carracci (Lucio Massari nel 1639 era già scomparso da vari anni). Più probabile che quelle lettere stiano per "libens merito fecit" a indicare il titolo di merito del committente qui effigiato, cui competono lo stemma e le iniziali ai lati che ne individuano il nome. Si può infatti sciogliere con sicurezza la lettera iniziale "P" posta a destra dello stemma, in quanto quest'ultimo è riconoscibile come quello della famiglia Pellegrini. Quanto alla figura femminile, appare corretta l' identi ficazione con santa Tecla, in ragione della presenza del leone e della serpe ai piedi, suoi tradizionali attributi. I confronti di natura stilistica non lasciano spazio a dubbi che ci si trovi davanti a un'opera tipica di Giovanni Battista Bertusio. Preziosa si rivela infine la data 1639 che pone l'opera tra quelle degli anni estremi dell'artista, che fu attivo, insieme alla moglie Antonia Pinelli, a sua volta allieva di Ludovico Carracci, fino al 1644.
Soggetto o iconografia
Cristo crocifisso con lo sguardo rivolto verso l'alto e circondato in alto da due putti sospesi sulle nuvole. In basso, in piedi, Santa Tecla a sinistra nell'atto di guardare il Cristo e dall'altro lato, in primo piano, la figura del committente che pare invitare chi guarda a osservare la scena.
Bibliografia
A. Mazza, in Antico e Moderno, Bologna 2014, pp. 490-493;
M. Fanti, P.L. Perazzini, Angelo Mazza, La schedatura delle opere d'arte a Bologna e nel suo territorio nel 1820, Bologna 2015, pag. 216;
Mostre
Antico e Moderno - le donazioni (Bologna, 2014); Reni, Guercino, Cantarini, Pasinelli. Il Seicento bolognese nelle collezioni della Fondazione Carisbo, (Bologna 2019);
Note
Dopo aver frequentato la bottega del fiammingo Denys Calvaert che aveva preso stanza a Bologna, Giovanni Battista Bertusio passò in quella di Ludovico Carracci facendosi interprete, in particolare, delle tendenze devozionali della sua pittura. Per quanto avesse eseguito anche dipinti per le residenze delle famiglie patrizie di Bologna (Cospi, Ratta, Grassi, Segni etc.), la sua attività si concentrò sulla produzione di pale d'altare. Le guide antiche ne ricordano numerose nelle chiese di Bologna, alcune delle quali tuttora presenti, come la bella Resurrezione di Cristo nella chiesa di Santa Cristina, la Natività della Vergine nella chiesa di San Paolo, la Morte del beato Riniero nell'oratorio di Santa Maria della Vita, la Madonna con il Bambino e i santi Antonio abate, Rocco e Sebastiano nella chiesa di San Giovanni in Monte e altre ancora. Non poche andarono disperse, ad esempio quelle ricordate nelle chiese di San Domenico, di Santa Caterina in Strada Maggiore, di Santa Maria dei Servi, di Santa Lucia etc.
Membro della Confraternita bolognese dei Santi Sebastiano e Rocco, cui lasciò i propri beni, Bertusio costruì nel corso del tempo fitte relazioni con la rete delle confraternite laicali cui fornì quadri devozionali, in particolare con le confraternite del rosario. Vari suoi dipinti sono stati identificati sull' Appennino modenese, altri sono emersi nel contado bolognese; una pala del rosario con i misteri è stata ritrovata nella chiesa parrocchiale di San Martino dei Molini verso Rimini; un'altra pala a Ravenna di Cernobbio, nel Comasco.