Bologna, Via Toscana: Villa Aldrovandi Mazzacorati, interno, lo studio
Bologna, Via Toscana: Villa Aldrovandi Mazzacorati, interno, lo studio
Genera il pdfNotizie storico artistiche
Datazione
Luogo della ripresa
Bologna
Data della ripresa
primo decennio sec. XX°
Oggetto
Positivo
Forma Specifica dell'Oggetto
stampa su carta
Misure immagine (in cm; hxb)
18x24
Misure negativo (in cm; hxb)
6x7
Indicazione di colore
b/n
Fondo/Raggruppamento
Soggetto o iconografia
Bologna, Via Toscana: Villa Aldrovandi Mazzacorati, interno, lo studio
Bibliografia
1) Renzo Renzi, "Bologna 1900. Viaggi fotografici di Giuseppe Michelini (1873-1951)", Casalecchio di Reno (Bo), Grafis/Zanichelli, 1980; 2) Attilio Bertolucci, "Italia 1900. Viaggi fotografici di Giuseppe Michelini (1873-1951)", Bologna, Grafis-Zanichelli, 1981; 3) Franca Varignana, "Le collezioni fotografiche bolognesi. Collezioni d'Arte e di Storia Cassa di Risparmio in Bologna" in "Fotografie e fotografi a Bologna 1839-1990" a cura di Giuseppina Benassati e Angela Tromellini, Bologna, Grafis, 1992, pp. 98-100; 4) "Lo specchio d'inchiostro", testo di Michele Smargiassi, immagini d'archivio dalle Collezioni della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna selezionate da Ghigo Roli, Modena, Artioli, 2000; 5) "Domani si parte. Vacanze nel primo Novecento. Fotografie di Giuseppe Michelini dalle Collezioni d'Arte e di Storia di San Giorgio in Poggiale", a cura di Beatrice Buscaroli e Angela Nardi, Bologna, Bononia University Press, 2006.
Note
La Villa sorge sul territorio della tenuta di Camaldoli, acquisita da Annibale Marescotti nel 1616. Nel 1690, dopo la morte di Raniero, la nobile dimora con giardino passò alla famiglia Aldrovandi. Negli anni successivi sull'edificio furono condotti alcuni lavori che dovevano renderlo degno di un'importante famiglia senatoria. La struttura si mantenne tuttavia quasi inalterata fino al 1761, anno in cui Gianfrancesco Aldrovandi Marescotti sposò Lucrezia Fontanelli. Il 24 settembre 1763 fu inaugurato il teatrino a due ordini di logge sorrette da cariatidi e telamoni di stucco di Petronio Tadolini, con busti di F. Balugani e pitture del Basoli. Due anni più tardi fu compiuta la sopraelevazione del secondo piano della villa, su progetto definitivo di Francesco Tadolini che, dalla prima metà del 1770 al 1772, ispirato ai moduli neoclassici, ne portò a compimento il nuovo aspetto con il corpo centrale porticato a sei colonne, timpano ed ali porticate semiellittiche. Questi lavori trasformarono la villa bolognese in un'imitazione di una villa veneta con barchesse di chiara ispirazione palladiana. Alla fine del Settecento la villa divenne proprietà dei marchesi Mazzacorati. Dalla fine dell'Ottocento fu invece della famiglia Sarti Michelini, che qui trascorreva gran parte della stagione primavera-estate. Come usava per il ceto borghese del tempo che seguiva le antiche consuetudini aristocratiche, i bolognesi agiati passavano le vacanze in villa. Gli svaghi erano modesti, il tempo trascorreva tra passeggiate e conversazioni, giochi di società o diporti come le bocce o il tamburello. La sera si ascoltava musica o si ballava. Michelini non perse l'occasione per documentare l'esterno e l'interno della casa; di ritrarre i suoi figli, i componenti della famiglia e gli amici, quasi a comporre un album narrativo, un vero e proprio diario che si arricchiva di anno in anno. Immagini di un tempo irripetibile che scomparve con la Prima Guerra Mondiale. Nel 1937 la villa fu venduta all'Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale, che la adibì a convalescenziario antitubercolare (sanatorio dell'Opera Balilla) e centro di chirurgia pneumo-toracica. Durante la seconda guerra mondiale ospitò i feriti provenienti dai vari fronti e il 14 febbraio 1945 un bombardamento aereo la danneggiò gravemente. A conflitto concluso, la struttura fu intitolata al celebre anatomico medievale Mondino de' Liuzzi e divenne sede della Scuola di Specializzazione in Tisiologia. Dal 1981 una parte dell'edificio è adibito a Centro civico del Quartiere San Ruffillo. Questa e le altre immagini simili si rivelano testimonianze significative degli arredi e dei decori in uso in quel preciso momento storico. Lo studio è quello dell'autore, ricco di libri e di fotografie.