Castelluccio (BO), scorcio pittoresco

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Castelluccio (BO), scorcio pittoresco

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Inventario
BRI / BO PROVINCIA 2093
Autore

Notizie storico artistiche

Luogo della ripresa
Castelluccio (BO)
Luogo e anno di edizione
Bologna, s.d.
Data della ripresa
Anni Sessanta sec. XX° (?)
Timbro di spedizione (Luogo e data)
Porretta Terme (BO), 17.8.1970
Oggetto
Positivo
Forma Specifica dell'Oggetto
cartolina postale
Orientamento
orizzontale
Misure immagine (in cm; hxb)
14,7x10,3
Indicazione di colore
b/n
Iscrizioni
La cartolina è viaggiata da Porretta Terme a Bologna. Il timbro di spedizione postale risale al 17.8.1970.
Fondo/Raggruppamento
Soggetto o iconografia
Castelluccio (BO), scorcio pittoresco
Bibliografia
http://www.appenninobolognese.net
Note
Castelluccio è un suggestivo borgo di origine medioevale, nel Comune di Alto Reno Terme.
La componente paesaggistica riveste per Castelluccio particolare rilevanza: il paese domina infatti da un crinale a oltre 800 metri di altezza tutte le valli circostanti. Inoltrandosi all'interno del borgo molto interessanti sono i caratteristici voltoni, i giardinetti aggrappati a terrazza e la Chiesa di Santa Maria Assunta, risalente al XVII secolo. All'entrata del paese si trova il Castello Manservisi, dalle linee fantasiose, tipico esempio di quella architettura "romantica" che fu di moda nell'ultimo trentennio del XIX secolo e agli albori del Novecento. Castelluccio è un'ottimo punto di partenza per splendide passeggiate nel verde. La chiesa di Santa Maria Assunta, di cui nella cartolina sono ben riconoscibili parte della facciata e il campanile fu fondata sulla rupe in posizione più elevata dell'attuale tra il 1378 ed il 1385, anche per sostenere lo sviluppo del borgo. Nel 1566 l'edificio franò e fu riedificato nell'area attuale nel 1587, per essere ampliato ed in gran parte ricostruito fra il 1660 ed il 1690, mediante elargizioni ed offerte della popolazione. Sull'altare maggiore dell'attuale chiesa a tre navate, si conserva un'importante tela raffigurante Santa Maria Assunta. Il dipinto, attribuito ufficialmente a Domenico Maria Canuti, è da molti ritenuto essere opera di Elisabetta Sirani.