Il Banco Felice Cavazza

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Inventario
MISC 00297-00300
Autore

Notizie storico artistiche

Datazione
Oggetto
Positivi fotografici
Forma Specifica dell'Oggetto
4 fotografie
Orientamento
verticale
Indicazione di colore
b/n
Notizie storico critiche
I quattro positivi documentano l’esistenza del Banco Felice Cavazza sotto il portico del Palazzo del Podestà, nella parte che si affaccia tra Piazza Maggiore e Piazza del Nettuno, anticamente detto dei Cappellari. Le riprese sono sicuramente state eseguite dopo gli abbattimenti e i restauri che, ad inizio Novecento, interessarono tutta l’area.
Il Banco era stato fondato nel 1811 da Girolamo Cavazza. Fino ad allora la famiglia Cavazza era stata dedita per tradizione al mestiere di selciaio, ma pare non fosse estranea al commercio illegale ampio e continuato di canapa e di derrate.
Nel volgere di breve tempo, il Banco ebbe grande fortuna. Nel 1836 Girolamo si ritirò dagli affari e i suoi quattro figli si divisero un patrimonio stimato in circa trentamila scudi in crediti e terreni.
Il Banco, tuttavia, continuò l’attività e nel 1841, con un capitale di ottomila scudi versato dai quattro fratelli in parti uguali, assunse il nome di Banco Fratelli Cavazza.
Quasi subito, Giovanni, uno dei fratelli, si ritirò dagli affari e la sua quota fu rilevata dal nipote Felice, figlio di Giuseppe. Sei anni più tardi, anche Giuseppe si ritirò e cedette la sua quota ai figli Luigi e Felice, che diedero grande impulso all’impresa, nonostante in quel periodo la situazione economica e politica vivesse momenti molto difficili.
Nel 1880 Luigi morì e, in seguito ad una serie di accordi interni, Felice concentrò nelle proprie mani il controllo e la direzione del Banco. L’esclusione da un’attività ormai solida e fonte di larghi profitti, scatenò le rimostranze di alcuni componenti della numerosa famiglia, che disconobbero gli accordi di cui sopra e portarono Felice in tribunale con l’accusa di dolo. Accusa dalla quale fu pienamente assolto.
Nel frattempo, il cugino Girolamo (omonimo del fondatore) tra il 1879 e il 1885 scrisse e pubblicò numerosi testi muovendo nei suoi confronti una serie di gravissime insinuazioni. Nelle delicate circostanze del processo e della pubblicazione di quegli scritti, però, i maggiori rappresentanti cittadini, la stampa e gli ambienti politici ed economici bolognesi si mostrarono pienamente solidali con Felice.
Grazie all’appoggio che fornì allo stato attraverso l’apertura di forti crediti alle amministrazioni provinciali e comunali, all’acquisto e al collocamento di grandi quantità di titoli del debito pubblico e alla compravendita di numerosi terreni degli enti religiosi soppressi, nel 1883 Felice Cavazza ricevette dal Re il titolo di conte.
Il settore più importante delle operazioni del Banco rimase, tuttavia, quello delle campagne bolognesi e, in particolare, il finanziamento del commercio e della esportazione della canapa e degli investimenti fondiari.
Felice fu, tra l’altro, membro del Consiglio di amministrazione della succursale della Banca Nazionale, consigliere dal 1863 al 1906 della Camera di Commercio di Bologna, destinò ingenti fondi alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Bologna e contribuì con una forte somma alla fondazione, per iniziativa del figlio Francesco, dell’Istituto per i ciechi.
Nato nel 1829, morì nel 1908.
Nel 1922 il più potente istituto bancario cittadino, la Cassa di Risparmio in Bologna, ottenne il controllo azionario del Banco fino a che, nel 1950, dopo la sua definitiva cessazione, lo assorbì completamente.
Bibliografia
- Girolamo Cavazza, Storia del Banco Cavazza, Bologna, 1879
- Cronologia di Bologna dal 1796 ad oggi. Anno 1811 (www.bibliotecasalaborsa.it)
- Fronzoni Silvio, voce Cavazza, Felice in “Dizionario Biografico degli Italiani” – Volume 23, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1979
- Borghesie nazionali, borghesie cosmopolite. Banche private, finanziamenti, reti (Italia secoli XVIII-XX). A cura di Giovanni Gregorini e Marina Romano, Milano, Franco Angeli, 2021
Note
Le stampe fotografiche sono di identica misura, sebbene una su quattro sia verticale (cm 21x28). Quella contrassegnata dal n. 2) è stata pubblicata da Franco Cristofori nel volume Bologna gente e vita dal 1914 al 1945, Bologna, ed. Alfa, 1980, pag. 109.