Lea Colliva - Giovane modella - Matita Conté seppia - 1927
Lea Colliva - Giovane modella - Matita Conté seppia - 1927
Genera il pdfNotizie storico artistiche
Datazione
Oggetto
Negativo
Materia e tecnica
gelatina bromuro d'argento/ vetro
Misure immagine (in cm; hxb)
24x18
Indicazione di colore
B/N
Fondo/Raggruppamento
Soggetto o iconografia
Arte - Grafica - Disegno - Ritratti - Artisti - Pittori - Colliva, Lea
Bibliografia
Pezzella Letizia, Fototecnica Artigiana e Fototecnica Bolognese. Industria, artigianato e commercio nel fondo fotografico del Museo del Patrimonio industriale, in "Scuola officina", n. 2, luglio-dicembre 2007, pp. 4-7; Lea Colliva. Disegni, prefazione di Giuseppe Raimondi, Bologna 1962; Credali Arturo, Pittori bolognesi: Lea Colliva, Bologna 1970; Ruggeri Giorgio (a cura di), Furore e poesia di Lea Colliva - Edizioni Galleria Forni, Bologna 1970; Ruggeri, Giulio, Sarò la spia di Dio: Lea Colliva, Edizioni Galleria Marescalchi, Bologna 1977; Buscaroli Fabbri Beatrice, Per rompere un silenzio. Lea Colliva, Bologna 1993; Pasquali Marilena, Lea Colliva. Dipinti ed opere su carta, Bologna 2008
Note
Lea Colliva (Bologna 1901-1975). Avviata agli studi presso l’istituto Magistrale coltivò da sempre la sua passione per la pittura, come autodidatta. Dopo il diploma intraprende l’insegnamento come maestra elementare sull'Appennino bolognese e in quel periodo perfeziona la padronanza delle tecniche pittoriche (olio, tempera, acquerello, disegno). Accanto alla ritrattistica comincia a produrre temi naturalistici: boschi, paesaggi, fiori. E’ la sola donna nel gruppo di pittori che frequentano a Bologna il Caffè San Pietro: un cenacolo di artisti che vede tra gli altri Morandi, Raimondi, Bertocchi, Romagnoli, Protti. Nel 1940 viene nominata assistente per la cattedra di Anatomia artistica presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, ottenendo in seguito -nel 1964- la cattedra stessa.
La sorella Renata sposa il pittore Nino Bertocchi: durante la seconda guerra mondiale tutti e tre si ritirano sulle colline presso Monzuno, nella Villa dell’Ospitale, un antico monastero adibito a rifugio e punto di ristoro. Questo luogo sarà per la pittrice un riferimento per tutta la vita, fino alla sua morte nel 1975.
La sua prima mostra personale si tiene a Bologna nel 1925, a questa seguiranno partecipazioni importanti in Italia (Biennale di Venezia, Quadriennale di Roma) e all’estero (Varsavia, Parigi, Londra, New York). Le ultime due mostre si terranno a Bologna nel 1970 e nel 1973.
Dal 2011 la Fondazione Pinacoteca-archivio Bertocchi Colliva di Monzuno conserva le opere dei due artisti e la documentazione del loro lavoro così strettamente legato a quei luoghi. Il fondo Fototecnica conserva una ricca documentazione su quest'artista: ben 8 scatole di lastre negative che coprono gran parte della sua produzione grafica e pittorica, forse in relazione alle numerose pubblicazioni sull'autrice. Molte delle immagini a corredo della bibliografia sono infatti in bianco e nero, così come era consuetudine fino alla fine degli anni '70.
La sorella Renata sposa il pittore Nino Bertocchi: durante la seconda guerra mondiale tutti e tre si ritirano sulle colline presso Monzuno, nella Villa dell’Ospitale, un antico monastero adibito a rifugio e punto di ristoro. Questo luogo sarà per la pittrice un riferimento per tutta la vita, fino alla sua morte nel 1975.
La sua prima mostra personale si tiene a Bologna nel 1925, a questa seguiranno partecipazioni importanti in Italia (Biennale di Venezia, Quadriennale di Roma) e all’estero (Varsavia, Parigi, Londra, New York). Le ultime due mostre si terranno a Bologna nel 1970 e nel 1973.
Dal 2011 la Fondazione Pinacoteca-archivio Bertocchi Colliva di Monzuno conserva le opere dei due artisti e la documentazione del loro lavoro così strettamente legato a quei luoghi. Il fondo Fototecnica conserva una ricca documentazione su quest'artista: ben 8 scatole di lastre negative che coprono gran parte della sua produzione grafica e pittorica, forse in relazione alle numerose pubblicazioni sull'autrice. Molte delle immagini a corredo della bibliografia sono infatti in bianco e nero, così come era consuetudine fino alla fine degli anni '70.